Un'avventura in Belgio a casa Carruana
- Andreina
- 4 feb 2017
- Tempo di lettura: 6 min
Aggiornamento: 3 set 2020
Le avventure mi piacciono e questa lo è stata! Ho viaggiato per una vita come un pacco postale, viaggio organizzato, valige trasportate, itinerario prestabilito con l’opzione di poche lamentele. Ora da donna d’affari quale sono stata costretta a diventare (ancora non ne sono sicura!), perché il mio mosaico deve espandersi nel mondo, per non morire nell’anonimato in una nazione troppo ricca d’arte, decido di partire per una nuova avventura straniera. La chiesa dove lavoro da oltre venti anni, diverrà la mia 'tomba', per quanto il progetto attualmente è grande, è la mia vita. So che è un po confusa la storia, ma ancora sono fuori forma dopo il viaggio della speranza “belgiques”.
Una 'tomba' perchè è veramente una bella fatica occuparsi di tante cose diverse: la grafica (siti, manifesti ecc.), organizzatrice di eventi, hostess nell’accoglienza, promotore marketing, segretaria, bed&breakfast gratuito, artista, direttore dei lavori, psicologa ad istinto ma compiacente, presidente dell’Associazione Culturale Ezechiele ecc. ecc.

Per questo a due giorni dal mio arrivo in Belgio, Rosa Carruana stava per impazzire. Ero un fiume in piena, come lo sono ora, e ho travolto quest’armonia fatta di calma, equilibrio e sane abitudini come un “uragano”, così si è espressa Rosa. Torno un attimo indietro. Mai preso un aereo da sola, ero preoccupata per i documenti, ceck in, controlli perché ha me non è mai mancata la perquisizione al metal detector in tutti gli aeroporti visitati, mi dimentico sempre le forcine, anelli, fibbie, accessori della gazza ladra, insomma di tutto. Devo comprare un paio di scarpe per il nuovo viaggio? Tra tremila modelli scelgo sempre quelle con gli strass con cabochon in metallo, frange d’acciaio e altro, con me avevo il pc, zaino raccogli tutto per i trucchi se piango, fazzoletti per il colpo di vento durante il saluto prima di salire sull’aereo, ventimila fotocopie dei documenti in ogni tasca, che se perdo lo zaino ho perso tutto, mini borsetta con il rossetto, soldi spicci e telefono, poi la valigia. E visto che andavo in Belgio, consigliato da chi mi vuole bene, cappotto pesantissimo in renna lungo fino ai piedi con la damigella per sollevarlo quando salgo i gradini sennò inciampo, e allarme bomba, appena mi vedono!
Entro in aeroporto, non sapevo dove andare, cosa ho fatto? Ho seguito gente con le valige, ho messo il telefono sotto il sensore per il primo ceck in e poi seguendo la fila ho iniziato a spogliarmi, ho riempito 5 contenitori, poi dopo aver fatto suonare l’allarme 4 volte avanti e indietro con perquisizione, ho bloccato la fila per ricompormi, lì l’agente con il mitra mi ha guardato male, ho pensato tra me e me, se non mi velocizzo non mi fanno partire, quindi ho chiesto all’agente di aiutarmi, una donna in difficoltà è sempre una donna in difficoltà anche davanti a un mitra.
Seguo la fila, vengo attratta dalle luci scintillanti del duty free, perché tutto quello che è colore e luce mi attrae e da miope - non grave - riesco a scansare anche le buche lungo il mio cammino, un po’ alla mister Magoo. Gli schermi erano tutti miei, terrorizzata dalla scritta gate che non segnalava il numero, vado in sala di attesa, controllo il telefono, salgo in aereo e lì, come al solito da una vita, faccio l’occhio disperato perché la valigia è pesante da inserire negli scomparti sopra le sedute, e Dio che mi assiste, mi fa sempre incontrare uomini gentilissimi. Poi mi addormento e dopo un’oretta di volo, mi sveglio con voglia di caffè, in un battibaleno arrivo a Charleroi, sempre seguendo la fila arrivo all’uscita e incontro la mia amica Rosa Carruana mosaicista che è venuta per una donazione in prestazione d’opera ad Indicatore nel settembre 2015.
Rosa è dolce come il miele, con occhioni grandissimi ed un sorriso veramente speciale, mi ha abbracciato e sbalordita nel vedermi così eloquente mi ha accompagnato alla macchina insieme alla figlia Elisa. Durante il viaggio abbiamo parlato dei nostri trascorsi ad Indicatore, ricordando episodi spiritosi e nottate insonni. E lì la sorpresa, o pensato a Bruegel, ai paesaggi bucolici, intrisi di un’aria incolore, omogenea, delicata nel movimento del suolo, tutto era così piatto che anche lo spartitraffico sembrava una collina, alberi della stessa razza, e distese di erbetta verde ocra con piccole montagnette di terra nera, tutto maculato, erano le talpe ben nutrite da questa terrà ricca di carbone e minerali. Un paesaggio e architettura completamente diverso dal nostro, vedevo cavalli, campagne e case mignon, che poi si sono rivelate grandissime durante le visite alla numerosa famiglia di Rosa.
Rosa si è trasferita dalla Sardegna in Belgio all’età di nove anni con altri sette fratelli, altri due fratelli nacquero in seguito, da mamma Maria Grazia Bidotti e papà Antonio. Questi prolifici genitori in un solo anno erano riusciti ad acquistare una casa, facendo notevoli sacrifici ma garantendo ai loro dieci figli sicurezza e tanto amore, tutt’oggi palpabili nelle nostre conversazioni e nelle foto esposte su ogni mobile e muro della casa. Mi è stato raccontato che la domenica quando uscivano a fila per la passeggiata venivano notati dai belgi perché erano tanti, una piccola tribù. Sono stata accolta con molto affetto e stupore da parte di tutti, mi immaginavano tutti più vecchia, meno bionda e meno riccia, forse anche meno bella! Ma dopo poco hanno cambiato idea, i miei capelli dopo il primo lavaggio con acqua belga sono esplosi, un sole per colore e forma. Ogni giorno era una riunione di famiglia, fratelli, nipoti, zii, cognati, cognate; il Belgio sembrava popolato dalla famiglia Carruana, erano ovunque, tutti belli e simpatici, diversi per carattere e aspetto ma con una cosa in comune, il senso dell’amicizia, una bella famiglia. Tra l’altro hanno compreso subito che per me era un vero sacrificio il viaggio, sia a livello economico che lavorativo, perché sono sempre presa da mille impegni e contatti.
Non riuscendo a trovare aiuti economici per mandare avanti questa grande opera, l’unica soluzione è trovare consensi all’estero, e tutti gli artisti e conoscenti stranieri che sono venuti da noi ad Indicatore, ci stanno aiutando nel loro paese per la promozione, è questa la vera storia che racconta il mosaico considerato il più grande d’Europa e futuro più grande del mondo, frequentato da centinaia di persone che si prodigano per la sua sopravvivenza. Infatti Rosa, Cristina, Martino, Stefano, Marco, Monica, Flavio, Enrico, Silvana, Giampaolo, Melissa, Mauro - tutti Carruana - e Alice ed Elisa Larbi, si stanno impegnando nell’organizzazione di eventi che comprendono anche raccolte fondi attraverso la vendita di bijou mosaico realizzati da Rosa, che ha sua volta ha fatto tesserare tutti i fratelli all’Associazione Culturale Ezechiele, nata per promuovere il mio mosaico. Vi assicuro che questi 5 giorni mi hanno riempito di gioia il cuore, per la comprensione e disponibilità di questi italiani belga ancora attaccati alla loro terra, che ricordano con malinconia in alcuni casi straziante. Tra le tante visite, mi hanno accompagnato nella sala comunale di Mons ad ascoltare un polifonico sardo e ad una festa tradizionale, che mi ha fatto capire quanto siano importanti le nostre radici, quanto dolore racchiude l’abbandono della propria terra e affetti, dopo tutto questa emozione ho esclamato ”mi sono sentita sarda per un giorno”, tanto mi ero immedesimata.
Tra anatra caramellata “Magret de canard, pommes caramelisees, chicons braises”, frites belges ( patate fritte), zuppe, tonnellate di caffè, dolci bellissimi realizzati da Elisa, case coloratissime che abbattono il grigio e l’umidità del cielo, strade spopolate e molta vita di casa ho riportato in italia: le foto di Rosa e me nel letto con la coperta zebrata che Rosa non vuole che mostri, l’affetto di tutte queste persone, l’educazione di un paese nei modi e nell’atteggiamento, un’esposizione certa alla Maison lousseau, palazzina storica a Mons di proprietà di un fu avvocato Lèon Losseau ora fondazione, l’amicizia della direttrice Francise Delmez, un incontro all’Ambasciata a Bruxelles, e altri contatti ancora da definire, ma soprattutto ho riportato dentro di me il mosaico di persone che mi ha accompagnata in questi giorni.
MOSAICO CRACKLE- il mosaico crackle viene usato per monili e bijou, paralumi, lanterne e altre suppellettili, è bello perché dall’aspetto frantumato, pensate al vetro di sicurezza quando si rompe in migliaia di pezzi. Si vende in lastre già frantumate attaccato su una pellicola adesiva, viene raccolto con delle pinzette a molla da oreficeria o strappaciglia e ricomposto sulla superfice da decorare con colla siliconica comunque trasparente per lasciar intravedere la superfice e per esaltare il disegno dello stesso crackle in commercio di tutti i colori. In commercio si trovano anche delle tessere in mosaico crackle che vengono posizionate sempre dal lato colorato a contatto con la pasta collante, una volta stuccato va ripulito con una paglietta. Si potrebbe anche per ottenere effetti particolari a seconda del proprio gusto, utilizzare lo stucco colorato per fugare, ottenuto mischiando ossidi o tempere, oppure ancora meglio per variare sarebbe far diventare lo stucco per campitura o spessore un ulteriore elemento decorativo dell’oggetto mosaicato. A questo tipo di tecnica vi è in aggiunta per dare un tocco ancor più particolare l’inserimento di mezze bilie di vetro trasparente e qualsiasi altro oggetto compreso piccole cornici in ottone adesive saldate a stagno.
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