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Storie e lacrime da mosaico

  • Immagine del redattore: Andreina
    Andreina
  • 1 mag 2016
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 3 set 2020

Le tante tessere umane che compongono una sola immagine



Sono rientrata da poco dal Pronto Soccorso. Una scheggia di vetro “colorato” era entrata nell’occhio, da stamattina sottoponevo una delle mie due luci a continui lavaggi, era diventato piccolo come quello di una talpa appena nata, non lo riconoscevo più, da azzurro verde era diventato rosso, mi ero trasformata nella figlia del diavolo. Poi, ero così nervosa ed arrabbiata che mi sono messa a piangere a dirotto. La benda improvvisamente è diventata gonfia di crema antibiotica e lacrime, aveva iniziato a versare, quando ad un certo punto la scheggia di vetro che i medici non erano riusciti a eliminare è fuoriuscita da sola. Ho ringraziato Dio, dicendogli che era una fortuna avermi fatto nascere donna perché le donne piangono più spesso.



A proposito di lacrime, i primi tempi nel 2013 quando ho iniziato con la richiesta di aiuto in prestazione d’opera al mio mosaico ad Indicatore, Arezzo, avevo tra i miei estemporanei artisti una ragazza all’incirca della mia età. Settimanalmente si sottoponeva a chemioterapia e trovava normale, appena uscita dall’ospedale, venire a fare il mosaico per nascondere il dolore fisico procurato dalla cura al figlio adolescente. Per me era diventato un appuntamento fisso con il pianto, dopo due minuti dal suo arrivo iniziavo disperata, mentre lei invece tranquilla mi chiedeva che mattonelle doveva rompere, come e dove avrebbe dovuto collocarle. Non capivo, ovvero capivo ma non lo trovavo giusto e non riuscivo ad aiutarla perché la mia maestosa eloquenza si trasformava in assoluto mutismo. Addirittura pensate, ero così disperata che le avevo dato il permesso di mosaicare un particolare del pesce presente sul mare di onde all’entrata dell’attuale parcheggio, pur lasciando per me i particolari più dettagliati, cosa che non ho mai permesso a nessuno.


Quante cose ho imparato in tre anni, le 570 persone arrivate in mio soccorso mi hanno fatto partecipare ad un training concentrato di emozioni, ho pianto, riso, ho condiviso momenti belli e meno, ma soprattutto ho imparato che non esistono le distanze fisiche nel momento di bisogno anche per piccoli gesti, come quello di far indossare un golf, pulire il sangue procurato da una scheggia di mattonella , raccogliere un pungi dito o la bava di un bacio dato da un adulto, che meraviglia è il genere umano. Pensate a che cambiamento sono stata sottoposta, ho lavorato come artista da sola per una vita e oggi mi trovo davanti a tanti mondi unici, che invadono i miei spazi, che cercano di fare timide ingerenze sulle mie decisioni, che pretendono di essere importanti per me tutti allo stesso modo e che soprattutto mi chiedono di essere ascoltati. Ho perso la mia meravigliosa solitudine, il silenzio, la concentrazione. Tutti pretendono che in un micro secondo prenda sempre la decisione giusta, hanno stravolto la mia vita, non ho più privacy, eppure sono felice, attraverso loro ho conosciuto me stessa, ho ridimensionato le mie paure e ho sviluppato una buona dose di pazienza, che non ha mai fatto parte della mia indole.


Wolfango Mugnai, che è uno dei miei amici del mosaico, mi prende in giro per la mia natura elastica e poliedrica nel trattare in maniera un pò ruffiana e furbetta tutti, quando in realtà è comprensione e adattamento alle varie personalità. Mi viene naturale essere spontanea e questo accelera il mio percorso di amicizia. Wolf, lo chiamo io, è un signore alto, robusto e di piacevole aspetto, con i capelli e barba bianco latte, un pò sornione e permaloso dalla natura ironica, ma strepitosamente protettivo e sensibile proprio come piace a me. Con la sua calma serafica è riuscito a mettere a tavola cercando qua e là, tra frigo e credenza pranzetti per quaranta persone, non si sa mai quando arriva, ma c’è sempre quando c’è bisogno. Creativo e delicato nei modi e nel gestire le situazioni. Come mi sento fortunata, pensa a me e mi solleva da altre mansioni ma soprattutto mi fa complimenti anche quando si vede da un chilometro che sono stanca e abbattuta. I momenti più belli per tutti e quando insieme a Luigi Zampini scherzano, su tutto.


Il mosaico umano che stiamo costruendo, nasconde in ogni tessera una vita, un mondo, e ha sua volta una tessera, vive di vita propria, nascondendo un’anima decifrabile solo da chi la ama. Nel 2009 quando ho iniziato a fare mosaico trencadis, non conoscevo la differenza dei vari materiali (mattonelle), e con grande incoscienza dettata dalla malizia lavorativa e un pò di sana estetica sempre individuale nel colore e nella disposizione, posizionavo le tessere ripercorrendo il mio passato da pittrice, creavo sfumature ma senza capire quale fosse il significato intrinseco di ciò che stavo utilizzando, la tessera non è solo un freddo composto, perché concepito dal pensiero e dalla sensibilità di un essere umano, si fa calpestare senza lamentarsi perché sa di essere utile, ma soprattutto decide se gli piaci. Ci sono giorni in cui le tessere vanno al loro posto, che siano spaccate a martello o pinza e poi parlano, decidono di stare in interno o esterno, si scheggiano o no con grande naturalezza, non prevaricano mai l’uomo ma si lamentano quando le maltratta facendoti scivolare o tagliandoti. Tu le guardi, le ami e loro assecondano il tuo desiderio, si fanno scegliere e non hanno pretese storiche come lo ha un mosaico di ciottoli o di marmo, che nasconde una storia nascendo dai secoli. La tessera si fa bella perché sta insieme alle altre, non è individualista mantiene la propria personalità consapevole della sua semplicità.


1 comentário


Giuseppe Fabbri
Giuseppe Fabbri
01 de dez. de 2020

Una bella storia, coinvolgente all pari di un romanzo di avventura ma con una differenza: in questo caso si tratta di cose vere, di situazioni realmente vissute d parte di le scrive.

Grazie e ti ammiro anche per questa tua capacità di continuare a credere che esistono ancora persone che conservano intatti gli antichi principi e valori. “Ad maiora semper”!

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